La presentazione della 180 W120 b nel settembre del 1953 parve sulle prime come una provocazione per la clientela Mercedes-Benz più tradizionale:
il design diventa più filante e lineare, spariscono parafanghi e predellini esterni e – soprattutto – si introduce la scocca autoportante (da cui il nomignolo Ponton). Daimler-Benz si adegua così agli standard verso cui andava orientandosi la produzione più moderna e proiettata nel futuro, ma ciò doveva far breccia nelle abitudini conservative dei suoi acquirenti. Ci riuscì, dopo le prime titubanze, grazie all’accuratezza dell’assemblaggio, alla grande qualità generale (pur trattandosi di quella che oggi si definirebbe una entry level), e all’affidabilità della sua meccanica. La Germania stava vivendo gli inizi del suo miracolo economico, una nuova classe di quadri e di dirigenti aveva bisogno di motorizzarsi con un cocktail armonico di austerità, innovazione in continuità con la tradizione, e predilezione del prodotto domestico…senza affrontare cifre eccessive (il prezzo di debutto era stato volutamente tenuto al di sotto dei 10.000DM). Con un felice compromesso Mercedes-Benz conquista la classe media (e medio-alta) senza venir meno ai suoi canoni costruttivi. Figlia pure essa del team di Friedrich Geiger e Karl Wilfert, la 180 doveva – innanzitutto – armonizzarsi con il propulsore M121 B IV, derivato dal vecchio motore della 170SV. L’auto era appena più leggera, ma decisamente più spaziosa, pulita nelle emissioni e sicura… ed aveva un comportamento stradale molto più evoluto – oltre che brillante – rispetto alla W136. Dal settembre 1955 con l’innovazione del Pendelachse (sospensione indipendente a bracci oscillanti) anche la tenuta di strada e il comfort migliorano decisamente.
In Italia la commercializzazione della Ponton rappresentò una vera e propria rivoluzione commerciale per il marchio. I volumi di vendita erano stati – fino a quel punto – assolutamente di nicchia e di élite. Ottavio Faravelli, storico capo officina e caposcuola dei meccanici MB-Italia confessò allo scrivente: “solo dalla Ponton in poi si cominciarono a conseguire volumi di vendita significativi, prima mai raggiunti neanche lontanamente”. Infatti per la prima volta nella storia MB, il successo della Ponton 4 cilindri fu praticamente planetario. Per esempio, come Taxi fu universalmente adottata…la si poteva incontrare dalla Thailandia al Brasile, dal Sudafrica alla Scandinavia: in gran parte erano diesel (180D fino a Luglio ‘59, 190D fino al Settembre del ‘61), robustissimi ed affidabili…se non proprio brillanti. Dal Marzo del ‘56 la cilindrata del modello a benzina (190 W121 b I, e W121 b III dal Giugno ‘59) sale a 1897, il motore non deriva più da quello della 170, ma si avvale di quello della 190SL (W121 b II, nata nel ‘55) opportunamente addomesticato: è considerato il primo motore Mercedes-Benz quattro cilindri “moderno” del dopoguerra. Brillante, ben rifinita (più cromature e cornici cromate, maggiori scelte negli abbinamenti di colori ed interni), la vettura viene considerata non a torto la progenitrice della “Classe E”. La 180 rimase comunque in produzione, come scelta più tranquilla ed economica, fino all’Ottobre del ‘62.
La produzione della 220 W187 berlina terminava nel ‘54, e si rendeva necessario un nuovo modello a sei cilindri per una clientela più marcatamente executive, ma non così di rappresentanza come la 300 Adenauer: un modello per spostarsi con rapidità, comfort e misurata eleganza sulle rinnovate Autobahn, per una classe dirigente che ricominciava con cautela ad avvicinarsi al lusso, dopo le ristrettezze della ricostruzione postbellica. La Ponton 4 cilindri, con le sue linee tese e pulite, era stata “di rottura”, ma stava cominciando ad ingranare bene e ad incontrare consensi crescenti. Quindi, pochi mesi dopo che la 180 aveva fatto scalpore tra i clienti più tradizionalisti, la nuova 220a W180 I fu presentata a Ginevra (era il Marzo del ‘54), ricalcando le linee della 4 cilindri. Diversi dettagli la distinguevano: era più lunga (circa 4,7 metri invece dei 4 metri e mezzo scarsi della sorella minore) per poter alloggiare il sei cilindri in linea; le frecce (sulla 4 cilindri esterne al parafango, presso la battuta portiere, e chiamate con simpatia “orecchie di Nalliger” dal nome dello storico direttore del reparto ricerca e sviluppo) furono invece montate longitudinalmente sui parafanghi e supportate da una elegante cromatura; il tachimetro, seguendo la moda corrente su altre auto di rango, era a sviluppo orizzontale e non più circolare, e circondato da un cruscotto più ricco di legni e dettagli di pregio. Tenuta di strada e maneggevolezza erano assicurate essendo dotata la 220a del Pendelachse fin dal suo debutto; il motore (l’M180 ripreso dalla 220 W187: rimanevano invariate le doti di robustezza e resistenza) venne reso ovviamente più brillante e con più coppia …ciò portò prontamente la 220 anche ai primi successi nei rally. Nel Marzo del 1956 – mentre nasceva pure la 190 – la Ponton 6 cilindri (visto il successo riscontrato) in un certo senso si sdoppiò: da una parte comparve la 219 (con la medesima filosofia della 220a e poche varianti), dall’altra la 220S. La 219 (W105) era leggermente più compatta di dimensioni, e – pur dotata del medesimo M180 della 220a – guadagnava 5 cavalli arrivando a 85. Era la risposta ai modelli d’attacco a sei cilindri di Opel e Ford, una sorta di entry-level MB nel mondo che “osava” il sei cilindri.
La 220S colmava invece una lacuna intermedia tra la 190 e la 300, andando a definire quella “Classe S” (da sonder = speciale), simbolo di raffinatezza: un’ammiraglia di flotta… relegando alla Adenauer un ruolo propriamente da capitani d’industria, statisti e alta borghesia/aristocrazia. Il ceto della buona borghesia tedesca (dal primario al grande avvocato al manager di successo) aveva l’auto cui rivolgersi, con il suo motore (M180 III) a due carburatori e 100 cv (106 dall’Agosto 1957). Dall’esterno, la 220S si notava soprattutto per le strisce cromate laterali basse e per l’illuminazione modificata della targa posteriore oltre che per le già citate frecce anteriori. All’interno oltre che per il tachimetro a sviluppo orizzontale, si distingueva per un diffuso uso di legni, le cromature sulle bocchette (al posto della bachelite) e altri numerosi dettagli. A Luglio 1956 nasceva la cabriolet, a Novembre la coupé: riccamente allestite, la prima soprattutto avrebbe avuto un discreto successo otreoceano. La coupé ebbe una produzione abbastanza modesta (1251 pezzi a carburatori e 803 ad iniezione), ed oggi è altamente ricercata. Ad Ottobre 1958 su un corpo vettura sostanzialmente identico debuttò la 220SE : la prima berlina di serie del mondo con motore a quattro tempi ad iniezione (la “E” stava appunto per Einspritzung, iniezione), pur rimanendo in produzione l’alternativa a carburatori. La potenza del nuovo motore M127 I saliva a 115 cv e la rendeva una berlina decisamente brillante per l’epoca. Ugualmente lo stesso propulsore era disponibile per le elegantissime versioni coupé e cabriolet. Il numero di berline ad iniezione prodotte fu comunque molto limitato (appena 1974) rispetto alle ben 55.268 220S (un risultato lusinghiero considerata l’epoca ed il prestigio del modello). Con l’entrata in produzione delle nuove “codine” w111 (Agosto ‘59) le berline Ponton 6 cilindri andavano in pensione (Ottobre ‘59); le versioni coupé e cabriolet (ma solo ad iniezione) si “allungarono” fino al Novembre del ‘60: attesero infatti le affascinanti coupé/cabriolet 220SEb W111/112, arrivate a Settembre di quell’anno ad avvicendarle. La 190 proseguì fino all’Agosto del ‘61, al Settembre la 190Db, la 180 a benzina arrivò fino ad Ottobre ‘62 : la w110 (la “codine” a 4 cilindri) si avviava a sostituirle.
Una Ponton oggi:
I prezzi delle berline a quattro cilindri sono ancora abbordabili: sono auto dalla manutenzione facile, i ricambi sono di facile reperibilità. Con poca spesa si ottiene un’auto che suscita sempre simpatia (senza essere assolutamente snob). Si rivela – quando perfettamente in ordine – godibilissima in raduni anche lunghi e internazionali, affiancandosi con dignità e disinvoltura pure a pezzi ben più ricercati proprio per la sua indiscutibile classicità. Prestigio che sale, in confronto ad esse, non così sensibilmente per le berline a sei cilindri (ben più care), mentre sia prezzo (anche dieci volte tanto) che appeal schizzano alle stelle coi modelli a due porte, che fanno bella mostra di sé nelle migliori collezioni. Le Ponton sopportano anche chilometraggi elevati e su strada hanno comportamento molto sincero, a tratti pure appagante. Le raccomandazioni sono le solite, soprattutto per esemplari provenienti dal Nord-Europa. Sempre ricercati dai collezionisti gli esemplari italiani ben conservati.
Testo del socio Benedetto “Sportlightcoupe”